Durante la gravidanza e tutto il periodo post partum, i riflettori sono puntati soprattutto sul piccolo e sulla mamma e mi viene spontaneo sottolineare quanto ciò sia giusto. Poi a un' osservazione più attenta di quei poveri uomini impacciati che si ritrovano catapultati nel giro di pochissimo tempo, in una situazione a loro totalmente estranea, be' non posso non intenerirmi. In effetti noi donne, pur non essendo obbligate alla maternità tanto meno a realizzarci in essa, nasciamo predisposte per dare alla luce, alla vita. Certo che ci tremano le gambe all'idea del parto, io sono riuscita a farmi venire un attacco di panico durante il secondo cesareo, insomma non ci si abitua mai almeno emotivamente. Però noi abbiamo l'asso nella manica e non ci abbandona mai: abbiamo il nostro istinto materno a guidarci durante il difficile percorso per diventare genitore. Istinto materno non è una brutta parola o un'offesa alle donne femministe - quale io mi reputo e sono -, è quel qualcosa che al momento giusto guida le nostre scelte e negarlo o soffocarlo o dire di non averlo non cambia il suo valore. Basta guardarsi dentro e profondamente, lasciando cadere le ultime barriere di insicurezza e ci si accorge che diventare mamma può renderci felici. Insomma a noi donne può accadere. Ma a quei peter pan incalliti quando arriva "l'illumunazione"? Mentre giocano alla play station o esultano guardando la partita o si chiedono quale moto comprare, mentre noi non vediamo l'ora di provare il funzionamento dei test di gravidanza. E' la storia che si ripete: mentre da adolescenti giocano a pallone, noi dobbiamo segnare sul calendario l'arrivo delle mestruazioni. Mi sembra chiaro che non siano molto portati alla paternità e alla famiglia, salvo qualche eccezione. Forse il loro è un percorso più lungo e tortuoso perchè fino alla nascita c'è solo una vaga idea del bimbo che verrà. Certo sono solidali con noi per i nove mesi di gestazione ma non possono provare le nostre stesse sensazioni. La verità è che noi siamo mamme non appena ci rendiamo conto di essere in dolce attesa e abbiamo 9 mesi di tempo per assaporare l'idea di trasformarci in madri, invece i poveri futuri papà non si sentono tali finchè non toccano con mano il pargolo e comunque non hanno tutti gli stessi tempi di reazione. Poi quando finalmente si calano nel personaggio del padre premuroso si ritrovano ad affrontare l'agghiacciante metamorfosi del rapporto di coppia. Si perchè la gravidanza ci rende tutte belle e serene ma il post parto ci restituisce il conto con la bilancia e con le nevrosi quotidiane. Ancora non ci siamo riprese fisicamente e già pretendiamo di tornare alla vita di sempre con grande stupore del nostro compagno, il quale è ancora ignaro del fatto che presto o tardi gli umori cambieranno a suo sfavore. Non gliene lasceremo passare mezza. E abbiamo tutte le ragioni però non guasterebbe un po' di tolleranza proprio pensando a quanto detto sopra a proposito del suo difficile percorso per sentirsi un papà. Insomma incamminiamoci assieme al nostro compagno in questa nuova esperienza, cercando di vedere le cose dalla stessa prospettiva senza mai cadere in un'inutile competizione. Come? Comunichiamo di più col nostro partner. Non pretendiamo comportamenti o parole o silenzi che lui ignora. Ma chiediamogli esplicitamente di cosa abbiamo bisogno, diciamogli chiaramente come ci sentiamo. Pronte? Cominciamo a parlare:
- del parto e quant'è stato doloroso, non è vero che mi sono ripresa anzi sono esausta;
- di quanto è faticoso l'allattamento, mi leva tutte le forze;
- delle crisi di pianto e dei momenti di urla che non sono contro di lui, no non lo so perchè piango, è tutta colpa degli ormoni;
- ascoltami quando parlo, non devi darmi la soluzione al problema lo voglio solo condividere;
- non mi sento più io offrimi la tua comprensione, non mi stare troppo addosso e soprattutto non criticarmi;
- occupati ogni tanto delle faccende domestiche senza obbligarmi a chiederti di farlo e se manca qualche prodotto della lista della spesa non chiamarmi dal supermercato usa un po' di fantasia.
Adesso tiriamo un sospiro di sollievo poi cominciamo a riconoscere i nostri pregiudizi e le volte che esageriamo nei confronti del partner. Pronte? Mandiamo giù l'amaro boccone e procediamo:
- riconosco che stai facendo del tuo meglio e lo so che ti senti sopraffatto e depresso per la nuova situazione, provvedere alla nuova famiglia ti mette sotto pressione;
- la smetterò di criticare tutto quello che fai;
- devo renderti più partecipe alla gestione del bimbo, dobbiamo confrontarci di più su come prendercene cura;
- mi fido di te, puoi occuparti del bimbo in mia assenza saprai accudirlo perchè sei un bravo papà;
- devo accettare di più il tuo aiuto, ne ho bisogno e mi fa piacere.
Allora come vi sentite dopo aver aperto il vostro cuore e la vostra anima all'uomo con cui avete deciso di condividere questa meravigliosa esperienza chiamata famiglia? Non perdiamo di vista la cosa più importante: l'amore ci ha guidato fino al punto in cui ci ritroviamo oggi e quell'amore va riportato in superfice, c'è ancora e i nostri figli ne sono la prova.